Nei saggi raccolti nel volume l’autrice ha seguito una
particolare indicazione di metodo fornita dallo stesso Leopardi che le è sempre
apparsa come la migliore chiave di lettura per avvicinarsi alle sue pagine. Non è la «minuta e squisita analisi» priva del sentire che
consente il conoscere, perché «l’esattezza è buona per le parti, ma non per il
tutto», bensì quel «colpo d’occhio» che Leopardi mette in relazione con
l’entusiasmo, la fantasia, il genio, che consente di conoscere «l’intiero e
l’intimo delle cose». Non la pura speculazione dunque, ma un intreccio di
ragioni della mente e ragioni del cuore ha guidato la scrittura dei primi due
saggi raccolti in questo volume. L’ultimo contributo è un esempio che mostra quanto possa venir travisata l’Opera e la stessa umanità di Giacomo Leopardi.
Loretta Marcon è una studiosa leopardiana di competenza rara, riconosciuta da molti, ma pochi nel geloso mondo universitario. Per fortuna è il caso dei saggi contenuti nel libro edito dall’università di Padova, dove vengono esplorati i sentimenti leopardiani, sia autobiografici che letterari. Senza la polarità tra ragione e cuore nel poeta di Recanati, non si capisce Leopardi perché non lo si sente; e sentirlo è già capirlo, perché fa comprendere la «tensione tra l’obbligo di attenersi agli usi e alle consuetudini del tempo e il desiderio-bisogno di valicarlo in nome del sentimento». Questa prospettiva è ottima perché disfa ogni sistemazione rigida, ogni acquietamento alla convenienza didattica. I saggi qui contenuti si muovono in terreni inesplorati o poco frequentati, pervenendo a preziosi risultati ermeneutici. Vengono così in risalto il “lessico famigliare” dell’Epistolario e lo scambio sottile e fecondo tra “esperienze di vita ed esperienze di lettura”, come pure l’interessante rapporto di Leopardi con i gesuiti. Chi studia e ama Leopardi non potrà ignorare questo libro così originale e contributivo. (Giovanni Casoli, “Città Nuova”, n. 12, 2014) |